Il pomeriggio resta indietro. Un cavo nero attraversa il cielo. Il fi nestrino di un vagone inquadra la campagna come una foto mossa.
Sul cavo, per un istante, anche alcuni grandi uccelli in fila restano indietro. La sierra in lontananza e, più vicino, gli alberi e le fabbriche s’ingrandiscono nell’aria.
Ho viaggiato attraverso questo paesaggio per due mesi, e da allora il sole si è andato indebolendo a poco a poco, insieme all’angoscia che mi aveva fatto dubitare che la vita fosse bella, per quanto sia l’unica cosa che c’è. Almeno so di prima mano che, quando si conosce qualcosa, non si può più smettere di conoscerla, non soltanto dimenticarla, ma che è impossibile tornare all’origine, a
quando non la si sapeva.
Ho percorso i sessanta chilometri che uniscono l’Hospital General a Madrid più o meno ogni due giorni, fino a questo pomeriggio, quando hanno dimesso mia madre. L’ultima immagine che ho
trattenuto di lei è stata la sua camicetta di seta azzurra che si allontanava a bordo della macchina in direzione di casa, che tornava al mondo, che respirava l’aria che circonda l’ospedale e poi quella più
in là. Adesso è libera, anche se non come quando è entrata in ospedale. È libera nel suo modo di adesso. E in fondo nessuno può essere libero, se non a modo suo.
(Clara Sanchez, “Il primo respiro dopo la pioggia”, Garzanti , 2023, trad. Enrica Budetta)
Clara Sanchez con i suoi romanzi ha vinto tutti i principali premi letterari spagnoli, ma è comunque molto letta ed amata anche all’estero, soprattutto per “Il profumo delle foglie di limone”, un best seller da oltre un milione di copie. Sono tornato a leggerla soprattutto attirato dal titolo, che mi ricorda un verso di Derek Walcott (“Alla fine di questo verso arriverà la pioggia”).
La trama de “Il primo respiro dopo la pioggia” è minimale: si svolge attorno ad un malore della madre della protagonista (la voce narrante), si prolunga nella sua degenza e riabilitazione, e si conclude per modo dire con le dimissioni ed il ritorno a casa. Ma proprio in quel “ritorno a casa” sta una chiave di lettura del romanzo: quando torniamo dopo un’esperienza forte e tutto appare come al solito, ma intanto siamo cambiati noi.
La voce narrante parla soprattutto di relazioni, affettive, parentali e amicali: il rapporto con la madre, della madre con il padre, il suo rapporto con Mario, quello con la figlia, quello con Cati, forse la migliore amica, e con altri minori. Come cura la descrizione dei dettagli, Sanchez cura i particolari degli stati d’animo, delle parole, dei silenzi, degli sguardi, anche dei dettagli fisici. Non è pedante, ma rallenta il tempo, lo fraziona, lo suddivide, cerca di scoprirne le verità e di superarne le apparenze, di trovare le connessioni e i possibili collegamenti .
Ma il risultato non è pedante, al contrario è quasi musicale, culla e ipnotizza, un’immersione dentro pensieri e ricordi che coinvolge il lettore come una melodia. Potrà non piacere a tutti il tempo rallentato o la sottile analisi di sentimenti ed episodi, ma si ritrova qui il piacere della scrittura distesa, accurata. Curata. Come i mali della madre, come i disagi della figlia.
Gianluigi Coltri
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