Sono caduta nel Disamore a quattro anni, quando Madre rivelò Io non sono la tua Mamma Vera. Quella di Madre fu una decisione anticipatoria, d’amore ansioso: aveva letto sul giornale la notizia del suicidio (un altro! Che cortocircuito nella mente di Madre!) di una diciottenne che, nel predisporre le carte per il proprio matrimonio, aveva scoperto d’essere stata adottata e si era tolta dalla vita. La ragazza doveva aver sentito sabotate le radici della propria identità. Il futuro che stava fondando, in lei valeva meno del passato. Le persone sono strane.
A quattro anni, non ero probabilmente prossima al matrimonio, né avevo intenzione di richiedere documentazione alcuna circa la mia propria ascendenza: quello di Madre fu uno scrupolo decisamente precoce, ma ho sempre compreso con sincera adesione il conflitto che la indusse in errore.
Negli anni Sessanta, i genitori si muovevano secondando la natura della quale disponevano per nascita, più raramente per cultura analitica, e agivano come meglio sapevano agire. In mancanza d’istinto parentale o lungimiranza emotiva, non consultavano lo squadrone di psicologi che oggi tende a ispezionare e circondare con cuscinetti d’ipotesi e risoluzioni profumatamente pagate (forse solo per ciò sollecitando gli auscultati a risolvere le proprie incertezze) i nostri disagi domestici e le oscillazioni nostre.
Nella leggenda famigliare, tramandata dalla memoria stessa di Madre, sembra che io abbia reagito alla Notizia gigantesca con maturità esemplare, abbracciando lei viva e presente (lei che sola, in effetti, constatavo, con salutare senso pratico) e rispondendo che Non ha importanza, Mamma sei tu.
(Maria Grazia Calandrone, “Splendi come vita”, Ponte alle Grazie, 2021)
“Dove non mi hai portata”, il romanzo successivo di Maria Grazia Calandrone, è arrivato tra i finalisti del Premio Strega 2023, che secondo me avrebbe pienamente meritato, tanto per la scrittura quanto per il contenuto. Ma, se non avete ancora letto niente di prosa di Calandrone, leggete per primo
“Splendi come vita”. Se invece avete già letto “Dove non mi hai portata”, prendete adesso “Splendi come vita” e capirete come si è evoluta la storia di Maria Grazia.
Perchè proprio della storia dell’autrice, trattano i due libri: “Dove non mi hai portata” della sua nascita e del suo abbandono sui gradini di un palazzo romano, e “Splendi come vita” della sua vita nella famiglia d’adozione. Soprattutto, nel primo si parla molto della madre naturale, nel secondo della madre adottiva. Un confronto tra donne, sull’orlo del baratro: la madre vera per effetto di una relazione extraconiugale che infatti si concluderà tragicamente, la madre adottiva per la sua difficoltà di costruire una relazione con una figlia non sua, che problematica non è ma che così rischia di diventarci.
Eppure, per Maria Grazia, sono entrambi Mamme, ognuna con il suo bagaglio di imperfezioni e con le sue doti, intelligenze, sensibilità. La vera comprensione, peraltro, come riconosce l’autrice, arriva quando anche lei, nella sua vita, si trova a passare dal ruolo di figlia a quello di madre.
Conoscevo Maria Grazia Calandrone, prima di questi romanzi genere biopic, per le sue poesie. Vi assicuro che dalla solarità e dal lirismo dei suoi versi non si percepisce la drammaticità della sua storia personale. Come a dire che possiamo avere anche i peggio fantasmi interiori ma che si piò comunque vivere, e vivere godendo della vita.
Gianluigi Coltri
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