Molto più di un’arte e di una danza di parole: e se la poesia fosse un portale verso stati di coscienza ampliati? Uno strumento che ci permette di accedere a una realtà più profonda e meno frammentata? Certo che lo è. Quando ci immergiamo in un testo poetico, la mente razionale cede il passo a qualcosa di più grande, quasi ineffabile, dove intuizione ed emozioni si fondono in un’unica esperienza. Personalmente ho sempre visto la poesia come un linguaggio capace di oltrepassare i limiti della logica, di svelare connessioni sottili, quasi impalpabili, tra l’io e il mondo. Quando creo un’immagine poetica essa sembra risuonarmi dentro, mostrandomi nitidamente spazi interiori che non conoscevo prima. È come se essa risvegliasse in me un senso sopito di unità, è come se producesse un annientamento di quella separazione illusoria tra osservatore e osservato. Da questa prospettiva la poesia non è più banalmente descrittiva, bensì creatrice. Ogni parola, ogni immagine, ogni introspezione, diventa una chiave per accedere a dimensioni della coscienza spesso ignorate. Credo che in un mondo ossessionato dalla logica e dalla separazione, la poesia possa offrirci un’esperienza efficace di riconnessione al nostro sé più profondo. Per concludere, la poesia non è soltanto un’arte effimera bensì un ponte tra il visibile e l’invisibile, capace di trascendere la realtà ordinaria e di aprire varchi verso la conoscenza intuitiva. È uno strumento espansivo della coscienza, poiché invita il lettore o l’ascoltatore a vedere il mondo con occhi diversi, andando oltre i limiti della razionalità e delle percezioni abituali.
Angela Mariotto
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