RECENSIONE ALBUM: 7
ARTISTA: PAUL KALKBRENNER
DATA DI USCITA: 7 Agosto 2015
1) BATTERY PARK
La partenza metodica segue lo schema classico del pluripremiato ed apprezzato disc jockey ormai santificato in tutta Europa. La canzone apre con un riff placido con il quale entri ovattato all’interno di un guscio caldo e accogliente; ti senti a casa, ma sei solo, abbandonato: l’unica salvezza a cui appigliarsi è il ritmo avvolgente che crea un’atmosfera astrale. Subito una voce sorge da preventivo avvertimento; la traccia si scalda all’istante grazie a un groove ipnotico di bassi e drum kick, che si sposa alla perfezione con il main theme della canzone; ora sei più propenso a scatenarti, ma sei allo stesso tempo paralizzato dal suono grandangolare e puro della traccia.
2) CYLENCE 412
Al via una canzone che ricorda subito un’elettronica old school, dallo swing onomatopeico come lui ha abituato il nostro timpano ormai saturo di versi scontati e commerciali. Possiamo contare sul genio normanno ora più che mai; ecco che ci troviamo dinnanzi a una fusione indelebile e penetrante di loops i quali ricordano gli schemi ancestrali della techno primordiale, che dialogano in maniera più che esaustiva con suoni più acuti e distorti della scena elettronica mondiale odierna. Ora aggiunge una melodia fischiata che riverbera nella tua sagace mente; dialoga con il ritmo incessante del duttile riff che brilla nelle tue orecchie, il quale rende il track ancor più rilassante e compatibile con un chilling serale pragmatico che oggigiorno si va cercando sempre più spesso.
3) CLOUD RIDER
Sei subito, incredibilmente, sbilanciato da una serie di note suonate da un pianoforte; credi di essere ad un concerto di musica classica in un’importante opera, ma è solo un’illusione: la trama si infittisce al più presto perché ti accorgi immediatamente della presenza incalzante di bassi disarmanti; la voce calda ed intensa ti obbliga a voler stare tranquillo ma non ci riesci: sei stato scaraventato fuori dalla tua zona di comfort con una serie spaventosa di colpi rudi di batteria: è il canonico remix di PK. È un tripudio di emozioni sonore tecnologiche coinvolgenti e del tutto rinfrescate dalle parole della voce altisonante maschile, che si alternano invece ad un più acuto ma ugualmente accondiscendente canto emergente come un sussulto, che arriva da molto lontano. Il tutto si conclude con una dissoluzione a risucchio eccitante che ti lascia con l’acquolina in bocca per lo step successivo.
4) SHUFFLEFACE
Balza all’orecchio, prima di subito, la decisione di invertire la prassi. Attacca immediatamente la routine di tamburi che l’autore ha coordinato per la canzone e continua con un dettagliato movimento di sonagli. Ecco che partono i profondi bassi e a seguire un motivo allegro, ma allo stesso tempo esaustivo. Il suolo sotto i tuoi piedi è sdrucciolevole: sei tartassato dai bassi che ti schiacciano sotto il loro suono totale e sei un uragano vulnerabile di emozioni che ti fanno rimanere stordito dalla spumeggiante traccia. Quando il riff scompare per poco tempo non sai più come comportarti, sei nell’antologica sala d’attesa dello spazio spirituale e non sai più come uscirne; rimbalzi a ritmo di singhiozzi e non conosci nessun sentimento oltre alla solitudine cosmica che ti avvolge buia e silenziosa come non mai. Ma anche il silenzio ha il suo fascino e non tutti sanno goderne!
5) TONE & TIMBER
Alla base un sonaglio che batte all’impazzata e completamente fuori controllo, accompagna una musicalità tranquilla che ti mette subito a tuo agio. Sei salvo! Stai brillando di luce riflessa e sei finalmente al caldo e puoi goderti il meritato riposo con un suono vero come la sua musica. Archivia immediatamente questa sensazione avvolgente di ardore materno perché non la sentirai così spesso quanto credi. Usufruendo di un’autentica scala di pianoforte alternata a qualche sigla borbottata da una voce incredibilmente bassa, l’artista riparte con il già sentito motivo iniziale che si protrae come eco verso l’infinito e culmina in un chiuso e attutito epilogo.
6) CHANNEL ISLE
Sei cullato dal riff magnetico che ti attrae verso un paesaggio rurale, ma ancora troppo freddo per sentirti a tuo agio. I suoni elettrotecnici in sottofondo sono sempre più nitidi: questa è tecnologia aliena! Vagabondi oltreoceano incessantemente come un naufrago digitale del ventunesimo secolo che cerca disperatamente un luogo in cui non sentirsi forestiero, ma in cuor tuo sai già che non lo troverai mai se non cercando dentro te stesso. Fai parte di un circolo vizioso di costante ricerca, disperata, del tuo destino quando la celestiale melodia, che ti ricorda molto vagamente un senso di appartenenza alla razza umana, scompare e lascia spazio all’energia diabolica penetrante fino alle ossa con un susseguirsi di bassi e kick di batteria grezzi, ma apprezzi e ti senti vivo ora più che
mai.
7) FEED YOUR HEAD
Il preludio echeggia in lontananza, ma è sempre più chiaro cosa sta per succedere: un’apertura alla quale siamo più che abituati. Riprende il verso con suoni alti e sei subito dentro all’orbita che ti accoglie dolcemente: è energia allo stato puro! Ecco una voce femminile altisonante che si erge familiare, grida verità: è il mixaggio definitivo! Lo dice anche lei che ti ricorda i tempi andati in cui eri fanciullo: “…trastulla la tua mente, evolviti, cerca te stesso e non fermarti mai a quello che conosci, non si smette mai di imparare”. Non era un gioco da ragazzi reinterpretare in chiave moderna una canzone psichedelica come White Rabbit dei Jefferson Airplaine. Il tedesco è riuscito però a donargli un’impronta eterna e un design del tutto rinnovato con suoni vivi ed eccitanti, grazie alla quale anche i millenials e neofiti possano godere ed avvicinarsi con più consapevolezza alla canzone originale e di conseguenza alla storia del rock.
8) PAPERCUT PILOT
Sulla scia dell’entusiasmo prendi il volo e vieni subito esiliato nel microcosmo con una trilogia di attanaglianti suoni di piatti nel sottofondo e il riff diventa sempre più nitido, nonché incalzante, fino a che non prende lo svincolo verso la direzione dei bassi frenetici. Non si torna più indietro! Pensi che sia tutto qui e che non ci sia più niente da vedere, ma arriva una pausa capeggiata da note fresche che si rifanno a schemi degli avi della tecnologia; ma il basso per nulla gentile che spinge ora più che mai ti avvisa che sei pronto per ripartire col turbo, ed ecco che il groove catatonico si fa sempre più incisivo. Stavolta con un’aggiunta di una melodia ultraterrena sei di nuovo nella stratosfera, il cielo è terso, si respira un’aria nuova e vuoi restarci il più a lungo possibile: non hai nessun motivo per tornare a respirare l’aria asfissiante dei comuni mortali!
9) MOTHERTRUCKER
Il continuo susseguirsi della melodia cancerogena provoca un senso di appartenenza a qualcosa di più grande e sei in una morsa di emozioni contrastanti.
Ecco che appare davanti a te un paesaggio spettrale con alberi spogliati e depauperati dal gelo cosmico: sei di nuovo solo e abbandonato! Tuoni e lampi raccapriccianti si abbattono minacciosi verso di te, ma il fulmineo susseguirsi di montanti rappresentati da colpi di basso frastornanti ti fa restare sereno finché il dolore e il senso di solitudine non faranno spazio alla repentina voglia di devastare la stanza in cui sei smanacciando passi di danza improvvisati.
Sei allo svincolo universale. Finora sei stato cullato da suoni dolci e melodici, ma questa techno spinta ti fa ricordare immediatamente dove sei e cosa stai facendo. Il mondo non ti appartiene, anzi sei solo il suo ennesimo schiavo. D’un tratto, dai bassifondi comincia ad emergere un gingillo più consono per conciliarti con il paesaggio tetro che accompagna il buio onirico a cui i tuoi occhi stanchi sono ormai abituati. Nulla ti tange, sei adrenalina pura e hai voglia di muoverti seguendo a ruota libera i suoni robotici che ti guidano verso la redenzione della parte più viscerale della tua anima.
10) A MILLION DAYS
La traccia scorre flemmatica con suoni lievi ed arriva in tuo soccorso un pianoforte dalle note mansuete e non ti accorgi che i bassi sono già all’opera: sei dentro alla traccia più che mai. La voce calda, paterna e i cori in sottofondo ti lanciano nello spazio con la voglia di fermare il tempo per goderti al massimo l’eco fuorviante del ritmo che ti dondola nel cosmo illuminato di stelle sfavillanti. Hai bisogno di approvvigionamenti ed ecco che arriva una melodica sensazione di voglia di sdraiarti e goderti ciò che ti sta intorno, guidata da una cantilena che può assomigliare vagamente al canto di un nomade uccello alla continua ricerca della propria strada. Esso chiude anche la canzone facendoti ben sperare. Muta la sua vita in continuazione e non si arrende mai, come dovremmo fare tutti noi.
11) ALIGN THE ENGINE
Sembra un classico di PK con una partenza smussata dal suono semplice ma schietto. Ti ricredi all’istante ascoltando ammaliato il potente ritmo sconsiderato con cui ti assale dalle spalle la canzone, affiora insieme a lui dalle favelas digitali una musicalità caratterizzata da suoni elevati con cui puoi gongolare lievemente.
Ciò fa subito pensare di non essere più in un posto che conosci. Ora vivi secondo gli schemi, ma hai bisogno di qualcosa di più e il groove ipnotizzante ti fa tornare indietro nella storia: sei nel medioevo! I suoni forti di tamburi grezzi ti fanno capire come sei arrivato fino a lì, ma qualcosa ti rilancia subito nel presente perché la melodia che gocciola sulla tua testa é linfa vitale che ti fa stare a galla e sei di nuovo coi piedi per terra.
Preferivi la storia al presente? Continui a rimuginare sul tuo passato e non ti dai tregua; non vuoi più dare ascolto a nessuno e andrai avanti per la tua strada d’ora in poi. La chiusura immediata stronca tutta la tua rabbia repressa e sei pronto per capire di più di quello che già sai.
12) BRIGHT ROLLER
La melodia si presenta alla porta armonica e pacifica e successivamente si fa spazio tra le varie sonorità come un rullo schiaccia sassi un riff esotico e allo stesso tempo desideroso di uscire dalla traccia più che mai. Sei intrappolato in una bolla cosmica con cui vaghi senza meta volando nella notte sopra città illuminate.
Non ti sogneresti mai di uscire, è lì che ti senti a casa, dove nessuno ti può vedere.
Vuoi scatenarti a ritmo di musica dance, ma i bassi provocano assuefazione e ne rimani dipendente all’istante; non riesci a muoverti perché sei stregato dalle sonate magnetiche e credi di restare dove sei per il resto della vita. Arriva invece una serie di kick che ti riporta nel mondo reale, purtroppo ti risvegli e continui la monotonia della segregazione del mondo odierno.
DAL MIO PUNTO DI VISTA…
Senza dubbio un ottimo lavoro del sommo disc jockey che rivisita con le sue melodie suoni classici. È un’elettronica che ricorda i tempi andati dei suoi maggiori interpreti durante gli anni. Completamente rimodernata però: attraverso la sua musica dispensa un turbine di emozioni allo stato puro. Con remix di testi passati e dialoghi, che si combinano alla perfezione con i suoi suoni stellari, mette sul piedistallo le sue tracce in generale placide e adatte ad un pubblico che spazia incredibilmente di età mettendo d’accordo etnie ed epoche di vario tipo.
L’eccezione la fanno tracce come Mothertrucker e Align the Engine, che non sono adatte ai deboli di cuore. Ci ha abituati anche a questo. É consapevole che di lui si apprezza tranquillamente anche qualcosa di più spinto e vigoroso come le sopracitate. É pur sempre un dj tedesco e come tale non rinnega la sua patria natia; è figlio di skills della techno austera e pungente dei locali di quel luogo mistico che è la Germania.
La critica non ha apprezzato oltremodo questo disco definendolo rotondo e piacione, sicuramente alcune tracce sono più commerciali rispetto ai lavori passati, ma la versatilità conferita ne consente l’ascolto nelle occasioni più varie e disparate.
Captain Trip
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