UNA CAMPANA CHE RIMBALZA DA LONTANO

Ti sarai vista in me farti bronzo
al ripido sonoro di una torre che
domina e batte.
Chi ordinava in parole la tua fuga ora t’insegue
tra chiome d’acqua, precipita
nel corpo d’aria migrante dove il reale impazza,
il torace fisarmonico.

(“Ti sarai vista in me farti bronzo…”, di Silvia Bre, da “Le campane”, Einaudi, 2022)

Il nome di Silvia Bre mi suonava famigliare, poi mi è arrivata la folgorazione: è la traduttrice di
“Ghiaccio e fuoco”, la ponderosa selezione di poesie di Robert Frost, pubblicata da Adelphi a inizio di quest’anno. Si conferma una cosa interessante: che per tradurre Robert Frost si scomodano i poeti. E’ successo con Giovanni Giudici negli anni novanta del secolo scorso, e dopo trent’anni con Silvia Bre.
Se però la poetica di Frost è tutta giocata sulla natura, sull’osservazione del quotidiano, quella di Bre è più complicata, o meglio sfuggente. Già dal titolo della raccolta fresca di stampa per Einaudi, “Le campane”, siamo in presenza di un suono, di un richiamo, a volte più vicino, a volte più distante. Un richiamo che è melodia, ma anche monito, scansione del tempo del giorno oppure del tempo liturgico. Inseguendo questi suoni eterei, SIlvia Bre dispiega sensazioni e immagini altrettanto volatili, a volte inafferrabili.
Le campane sono un soggetto intrigante. Anzitutto, perchè spesso non le sentiamo più: molti parroci preferiscono tenerle mute, almeno per buona parte della giornata, per non prendersi denunce per disturbo della quiete pubblica. Penso alle campane della festa (quando nasce qualcuno, quando c’è un evento liturgico o sociale che va portato a tutti) o a quelle del raccoglimento (le troppe volte, negli ultimi due anni, in cui ci hanno aggiornato la contabilità dei defunti). Penso anche, però, a certi borghi della Liguria, dove stai in spiaggia a prendere il sole e la campana della chiesa ti saluta con il mezzogiorno o con i vespri. “Una campana che rimbalza da lontano”, scrive Silvia Bre in un’altra lirica, “Tutto un cielo / ammanettato in gola”.

Gianluigi Coltri