La signora Kampf entr nello studio chiudendosi la porta alle spalle cos bruscamente che tutte le gocce di cristallo del lampadario, mosse dalla corrente d’aria, tintinnarono d’un suono puro e leggero di sonagli. Ma Antoinette aveva continuato a leggere, china sullo scrittoio tanto da sfiorare la pagina con i capelli. Sua madre la considerò un istante senza parlare, poi le si piantò davanti, le mani intrecciate sul petto.
“Potresti scomodarti quando vedi tua madre, figlia mia,” le grid . “No?
Hai il didietro incollato alla sedia? Che cosa distinta… Dov’ miss Betty?” Nella stanza accanto al rumore di una macchina da cucire ritmava una canzone, un What shall I do, what shall I do when you’ll be gone away… cantata languidamente, con voce maldestra e fresca. “Miss,” chiam la signora Kampf, “venga qui.” “Yes, Mrs. Kampf.” L’inglesina, guance rosse, occhi spaventati e dolci, uno chignon color del miele arrotolato intorno alla testolina rotonda, si insinuò attraverso la porta socchiusa. L’ho assunta,” prese a dire severamente la signora Kampf, “per sorvegliare e istruire mia figlia, vero? Non perch si cucisse dei vestiti… Forse Antoinette ignora che ci si alza in piedi quando entra la mamma?”
(Irene Nemirovsky, “Il ballo”, Adelphi, 2013)
Preparavo una delle puntate radiofoniche di “Orecchie e Segnalibri” su “Suite Francese” di Irene Nemirovsky (trovate il podcast nell’apposita sezione di Radio Music Free su Spreaker), quando mi venuta per le mani questa perla della scrittrice francese (ma russa di origine). “Il ballo” pu definirsi novella o romanzo breve, ma nelle poche decine di pagine in cui la storia raccontata, Nemirovsky riesce a stipare una tale quantità di temi, di sfumature, di caratterizzazioni da farne, come giustamente ha osservato qualche critico pi autorevole di me, il “racconto perfetto”.
La protagonista Antoinette, adolescente quattordicenne, figlia dei coniugi Kampf: lui ebreo, speculatore di borsa, arricchitosi grazie ad alcuni colpi azzardati ma fortunati, lei moglie frustrata continuamente ossessionata dalla necessità di avere una posizione sociale. Da questo, il progetto del grande ballo, con duecento invitati, per fare sfoggio di ricchezza (fuori discussione) e di buon gusto (aperta la discussione).
Ma il tema sociale (come controllo, come ipocrisia, ecc.) solo il primo della serie. Velenoso e perfido il tema del rapporto madre-figlia che lacera animi e vite, con tutte le malignità e le sofferenze di cui entrambe sono capaci. La povera Antoinette sembra (ripeto: sembra) la vittima sacrificale degli insuccessi o delle ansie o peggio delle angosce materne, caricata di aspettative fuori misura per chiunque. Ho scritto “povera” ma Antoinette sarà capace di una vendetta raffinata e perfetta, ma anche di una comprensione che sembra un passaggio tra generazioni: lei che fiorir come donna, mentre la madre si avvia al naturale e incontrovertibile declino.
Un tale capolavoro non poteva sfuggire al cinema, ma soprattutto al teatro (l’azione quasi tutta concentrata nella residenza dei Kampf), senza per avere avuto, almeno finora, la fortuna di Karen Blixen, altra grande scrittrice, dai cui libri sono usciti “Il pranzo di Babette” e “La mia Africa”, premiati da critica e pubblico.
P.s.: ho conosciuto una madre e una figlia che si sono date per molti anni, reciprocamente, della schizofrenica, leggendo “Il ballo” ho immaginato loro, nei ruoli delle protagoniste. E il marito nonché padre? Come ne “Il ballo”, cacciato sullo sfondo, con funzioni decorative e finanziarie… La realtà supera la fantasia!
Gianluigi Coltri
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