Sono anni che mi interrogo sul giorno dopo, tutti sappiamo di cosa si tratta, di quel risveglio che per un istante è normale ma subito dopo viene aggredito dal dolore. La prima volta di solito è per la fine di una storia d’amore, ai tempi della scuola, poi la vita ne ha in serbo tanti altri, per alcuni troppi. La morte di un genitore, di un amico, di un compagno, di un figlio, la perdita del lavoro, un tragico errore, una bocciatura, una clamorosa sconfitta, anche la fine del lavoro e il primo giorno della pensione. Non esiste una scala del dolore, della sofferenza e del vuoto, niente può essere giudicato o paragonato, esiste però per tutti la mattina dopo, che può essere quella in cui provi a difenderti e a proteggerti o quella in cui inizi a naufragare.
(Mario Calabresi, “La mattina dopo”, Mondadori, 2019)
Per poter scrivere un libro così, bisogna aver fatto almeno un po’ di percorso di vita, ed aver conosciuto, per davvero, “le mattine dopo”. Calabresi ne ha titolo, basterebbe ricordare che è figlio del famoso commissario Calabresi, ucciso da simpatizzanti di Lotta Continua, negli “anni di piombo”.
Ma Mario aveva solo due anni, all’epoca, e “la mtttina dopo” l’uccisione del padre spetta a soprattutto a sua madre. Quella vicenda, comunque, ritorna tra le pagine di questo libro, specie per i riferimenti a questa donna, coraggiosa e determinata: per dirla con le parole di suo figlio, è “una che ha provato a difendersi e a proteggersi, invece di naufragare”.
La vicenda che dà l’avvio al libro è invece un’altra, comunque traumatica per chi si trova ad averla vissuta: il licenziamento in tronco, la perdita improvvisa del posto di lavoro. Quello che è successo a Calabresi, direttore de “La Repubblica”, scaricato dall’editore in quattro e quattr’otto, dopo molti anni di direzione. Ma il trauma serve all’autore per mettersi in moto, letteralmente, ed andare a fare alcune cose che aveva serve rinviato: dall’acquisto di un vigneto all’incontro con alcune persone dalla vita significativa, intervistate negli anni. É un percorso interiore, insomma, che procede tra la propria storia individuale, personale, e quella di altri, con cui rispecchiarsi o confrontarsi.
Conosciamo anche noi, tutti noi, “la mattina dopo”: quando ti svegli e realizzi che sei in ospedale, o che lei è in ospedale, che lui non c’è più perchè è mancato, o lei è andata via. Anche il “primo giorno della pensione” comincia con una mattina dopo (almeno un po’ di disorientamento è garantito).
Qualcuno ha fatto un film sul “The day after”, ma quello è già una storia, “il mattino dopo” invece è la premessa, è il bivio, è il sentiero nel bosco (come in una splendida poesia di Robert Frost, a cui dedicherò una puntata).
Allora, quella mattina, ci si alza dal letto e si va… dove? Ogni scelta è anche una rinuncia. Tutte sono scommesse.
C’è però anche “la mattina dopo” il giorno del matrimonio, o della nascita di un figlio, o… quello che sapete voi. Forse sono di meno, forse ricordiamo più facilmente quelle infelici, quando dal sonno (o dal sogno) passiamo alla dura realtà. É il tema del romanzo più corto della storia della letteratura: “Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì” (copyright di Augusto Monterroso).
Gianluigi Coltri
Play | Cover | Release Label |
Track Title Track Authors |
---|