Mi ha svegliata la luna, brillante e vicina. Irradiava una strana luce sul mare, un chiarore oscuro, come il negativo di una fotografia. Impossibile riaddormentarmi.
Da settimane non riesco a lavorare, quindi sono scesa in spiaggia. Ero scalza e la sabbia fredda sotto i piedi mi faceva venire voglia di correre.
C’era vento. Un vento stranamente caldo, che smuoveva la sabbia, e le ombre delle nuvole sulla luna sembravano volermi inseguire. Continuavo a pensare alla canzone che mi ha insegnato Grace, sui lupi che dissotterrano i cadaveri e sparpagliano le povere ossa dappertutto.
Ultimamente, mi sento un po’ selvaggia anch’io.
Ho corso fino a mettere i piedi in acqua e, quando mi sono girata verso l’isola, verso la casa e la finestra della mia stanza con la luce ancora accesa, ho visto qualcosa muoversi. La tenda, probabilmente, ma ho comunque sentito un brivido. Ho guardato e aspettato, volevo che apparisse di nuovo, ma niente, non c’era niente e nessuno, solo l’acqua che all’improvviso è salita a lambirmi i polpacci, le ginocchia.
La sabbia aveva smesso di danzare, anzi, non si vedeva neanche più, ogni cosa era sott’acqua e io dovevo fare ancora tanta strada. Ho provato ad avanzare, più veloce che potevo, ma avevo il vento contro e la marea era come un fiume. Continuavo a incespicare, a cadere in ginocchio; il freddo era come uno schiaffo, come essere colpiti, ancora e ancora.
Non credo di aver mai provato un terrore simile.
Quando sono arrivata alla scalinata ero talmente esausta che riuscivo a malapena a muovermi. Mi sono sdraiata lì, tremavo al punto che mi pareva di avere le convulsioni. Alla fine sono riuscita a tirarmi su e inerpicarmi fino a casa. Ho fatto una doccia, mi sono vestita, sono salita nello studio e mi sono messa a dipingere.
(Paula Hawkins, “L’ora blu”, Mondadori, 2024, trad. Rachele Salerno)
Uno dei thriller che va per la maggiore, in questo ultimo scorcio di 2024, è “L’ora blu” di Paula Hawkins, che in molti ricorderanno per l’esordio con il botto, anni fa, con “La ragazza del treno”, in seguito diventato anche film.
Questa volta la protagonista si potrebbe dire che è già morta in partenza: leggiamo la prima pagina del suo diario, che ho riportato sopra, ma poi scopriamo che lei non c’è più da tempo. Si chiama Vanessa Chapman, viveva su un’isola, unita alla terraferma da una strada per metà del tempo sommersa dalle maree, era pittrice ma si era dedicata anche alla scultura, con specie di assemblaggi chiusi dentro teche (Joseph Cornell, per dare un riferimento artistico). Peccato che durante una retrospettiva, un anatomopatologo forense si accorga che c’è un osso umano dentro una di queste teche con materiali eterogenei…
“L’ora blu” è un thriller in piena regola, e lo dimostrano i capitoli finali, ma Hawkins non disdegna di approfondire le psicologie umane, dando via via sempre più spessore ai personaggi, che non sono pochi: la dottoressa amica di Vanessa, il curatore di mostre, l’amministratore della fondazione che ha ereditato le opere di Vanessa, ma anche i vecchi amori di Vanessa, tra cui un playboy scomparso nel nulla. Nulla però è scontato, proprio come il carattere e l’umore di Vanessa, come i tormenti interiori e le folgorazioni di Vanessa. Ingombrante tanto da viva quanto da defunta.
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