Del mare non sappiamo nulla.
Nulla di nulla, eppure il mare è quasi tutto.
All’inizio c’era solo lui, poi ha concesso un po’ di spazio secco e polveroso alla terraferma, e noi subito superbi a dire che il centro del mondo è New York o Pechino, come una volta Babilonia, Atene, Roma, Parigi… invece il centro del mondo è il mare. Occupa i tre quarti del pianeta, che noi chiamiamo Terra, ma se fossimo onesti dovremmo chiamarlo Acqua.
Tutto viene dal mare, pure noi, che siamo un’evoluzione complicata di certi vermi ciechi impegnati a strisciare sul fondale degli oceani. Poi ci siamo inventati gli occhi e le gambe e siamo venuti qua fuori a vedere cosa succedeva, ma ancora oggi possiamo vivere all’asciutto solo perché ci portiamo dentro tantissima acqua.
Più della metà del nostro peso. Siamo carne e ossa, sì, siamo sangue e nervi e qualche vestito addosso che cambia con la moda, ma soprattutto siamo mare.
Però del mare non sappiamo nulla.
E invece crediamo di conoscerlo benissimo.
(Fabio Genovesi, “Il calamaro gigante”, Feltrinelli, 2021)
Se guardiamo alla bibliografia di Fabio Genovesi, la presenza del mare è dominante, e forse non poteva essere diversamente per uno nato e cresciuto a Forte dei Marmi, affacciato ad un mare bellissimo (specie fuori stagione). In verità, nel nuovo libro, “Il calamaro gigante”, di Tirreno e di Mediterraneo c’è molto poco, bisognava spingersi più in là, verso gli oceani, verso acque profonde e scure, oceaniche. Là, da qualche parte, stanno anche i calamari giganti. Forse.
Come creatura marina, è sempre stato considerato tra i mostri, quasi imparentato più con i draghi che con i polpi. “Kraken” venivano chiamati i calamari giganti: ne parla il vescovo danese di Bergen, in Norvegia, tale Pontoppidan (era il 1752), ma sembravano più deliri di marinai in vena di bufale
(marine) che avvistamenti veri e propri. Poi, invece…
Genovesi si diverte (letteralmente) a navigare tra scienza e mito, tra racconto e riflessione: quanto conosciamo del mare, del mondo marino, in particolare quello più profondo? Poco, pochissimo: è questo praticamente l’assunto iniziale. Ed è anche un po’ la conclusione, anche se inquinata dai nostri comportamenti scellerati: negli abissi non stanno solo esseri misteriosi, pesci fossili (il celacanto), ma anche le nostre plastiche abbandonate e gettate.
Libro simpatico e scorrevole (non originale: rinvio a “Manuale di zoologia fantastica” di J.L Borges e a “Il libro degli esseri a malapena immaginabili” di C. Henderson), vorrei dire anche gustoso: trattandosi di calamari, in fondo…
Gianluigi Coltri
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