Beth seppe della morte della madre da una donna con una cartellella. Il giorno seguente il suo ritratto apparve sull’Herald-Leader. La fotografia, scattata sotto il porticato della casa grigia di Maplewood Drive, mostrava Beth con un semplice abitino di cotone. Anche in quel momento riusciva ad essere tranquilla. Una didascalia sotto la foto recitava: «Rimasta orfana a causa del tamponamento di ieri su New Circle Road, ad Elizabeth Harmon si prospetta un travagliato futuro. Elizabeth, otto anni, è rimasta senza famiglia a seguito dell’incidente, che ha causato due morti e alcuni feriti. A casa da sola al momento del fatto, Elizabeth ha saputo dell’incidente poco prima che la foto fosse scattata. Ci prenderemo cura di lei, hanno detto le autorità»
(Walter Tevis, “La regina degli scacchi”, Mondadori, 2021)
Vita breve (rovinata dall’alcool), pochi romanzi (ma tutti capolavori), Walter Tevis è stato recentemente riscoperto grazie a “La regina degli scacchi”, divenuta film. In questo, il romanzo ha seguito il destino de “L’uomo che cadde sulla terra”, “Lo spaccone” e “Il colore dei soldi”: pochi autori possono vantare un palmares di questa specie. Ma Tevis scrive benissimo, dà spessore ai suoi personaggi, sa come gestire la tensione e così il lettore non riesce a staccarsi facilmente dal libro.
Eppure, chi direbbe che gli scacchi possano offrire suspense ed alta tensione? Tevis ha il colpo di genio di creare una giocatrice giovanissima che irrompe in un mondo quasi totalmente maschile, al punto da diventare quasi un fenomeno da baraccone. Eppure, come dicono le prime righe del romanzo, Beth Harmon rimane orfana a soli otto anni, finisce in un istituto (dove impara gli scacchi grazie ad un silenziosissimo bidello), viene adottata da una famiglia dove il padre è totalmente assente e la madre un po’ svanita (ma comunque in grado di incidere su Beth).
Gli scacchi insomma saranno il suo rifugio, la sua redenzione e la sua consacrazione. In mezzo, però, ci stanno anche gli accidenti della vita: la tentazione dell’alcool (qui Tevis sembra descrivere se stesso, nel percorso di come si può distruggere una mente geniale), le incertezze affettive (che sconfinano nella asocialità se non nella sociopatia), la competizione estrema (con i russi, maestri degli scacchi, che ricambiano la “guerra” con il massimo dei mezzi).
Per chi ricorda la sfida Fisher-Spasski, in “La regina degli scacchi” c’è ben più di un’eco di quel memorabile torneo degli anni Settanta. Ma per chi è digiuno di questa terribile disciplina sportiva (che impegna corpo e mente), resta comunque indimenticabile il personaggio della protagonista Beth, il brutto anatroccolo che diventa cigno.
Gianluigi Coltri
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