Il toro Miura è il tipo di toro più mastodontico che esista, massiccio come una parete di roccia, di una solidità che lo rende blindato, impossibile da scalfire, da penetrare. Sono i tori più dificili.
Fino a Partner, quando facevo un film non pensavo di voler comunicare qualcosa a qualcuno, non pensavo al pubblico cui quel film sarebbe stato indirizzato. I miei film erano come grida di dolore, o di piacere, ma non avevano mai dentro la voglia di dialogare con qualcuno. Con il mio amico Glauber Rocha chiamavamo quesƟ fifilm “film Miura”.
Dire “ho fatto un film Miura” signifificava aver fatto uno di questi film duri come rocce, chiusi in se stessi, che nessuno avrebbe potuto interpretare, segnare, dentro i quali era impossibile addentrarsi. Erano film che riguardavano un orizzonte molto personale per il loro autore, o che al massimo cercavano di dialogare con idee di cinema molto sofisticate e non del tutto accessibili, discernibili solo dai pochi adepti che, condividendole, le comprendevano. I film Miura non pretendevano dialettica.
(Bernardo Bertolucci, “Il mistero del cinema”, La Nave di Teseo, 2021)
Per chi ama il cinema, questo è un libro imperdibile: è l’occasione di compiere un vero e proprio viaggio in questa forma d’arte, con una guida d’eccezione, come il grande regista di “Novecento”, “L’ultimo imperatore”, “Piccolo Buddha”, “Il the nel deserto”, e come dimenticare “Ultimo tango a Parigi”, eccetera. Questo piccolo volume contiene la lectio magistralis che Bertolucci tenne a Parma, sua città natale, nel 2014, per il conferimento della laurea honoris causa.
Ma il libro non è solo un viaggio nel cinema di Bertolucci, è un viaggio a tutti gli effetti, che parte proprio da Parma e si sposta a Roma con la famiglia, per poi andare oltre, molto oltre.
Ed è pure un viaggio negli affetti: vi giganteggia la figura del padre Attilio, uno dei massimi poeti italiani del Novecento, mentre un po’ in ombra resta il fratello Giuseppe, anch’egli regista cinematografico. Infine, è anche un viaggio culturale, perchè passano nelle pagine le correnti culturali del dopoguerra, dal neorealismo alla novelle vague, e figure come Pasolini e Resnais. Proprio per questo, ho scelto la citazione dei “film Miura”: con un po’ di sana autocritica, Bertolucci ammette la sua adesione, per un certo periodo della sua vita, ad una stagione fatta di intellettualismo oscuro e sofisticato, lontano non solo da tentazioni di mercato, ma anche dalla comprensione dello spettatore.
“Il mistero del cinema” mantiene veramente ciò che promette nel titolo: Bertolucci, alla fine del suo percorso artistico e umano (è scomparso nel 2018), sembra proprio non riuscire a sciogliere tutti nodi. Il cinema, insomma, resta un mistero, ma è proprio questa la bellezza:cercare e ricercare tutta la vita di venirne a capo, provare generi e stili diversi, regalandoci così capolavori che resteranno nella storia.
Gianluigi Coltri
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