E così questa particolare ragazza
In una cerimoniosa passeggiata d’Aprile
Col suo più recente pretendente
Si trovò all’improvviso oltremodo sconvolta
Dalla sfrenata babele degli uccelli, §
Da quel mare di foglie.
In preda a questo tumulto, osservava
I gesti del suo innamorato che sbilanciavano l’aria,
E il proprio passo vagante ineguale
In quel solitario rigoglio di felci e fiori,
Giudicava i petali in scompiglio,
E la stagione in generale, sciatta.
Come desiderò allora l’inverno! –
Scrupolosamente austero nel suo ordine
Di bianco e nero
Ghiaccio e roccia, ogni senso nei suoi limiti,
E la gelida disciplina del cuore
Esatta come fiocco di neve.
Ma ecco – un germogliare
Anormale abbastanza da mettere in scompiglio
Le sue regali cinque facoltà –
Un tradimento da non tollerare. Si, impazziscano pure
Gli idioti nel manicomio primavera:
Lei se ne tirò subito fuori.
E mise tutt’intorno alla sua casa
Tale una barricata di spine e impedimenti
Contro quella stagione sediziosa
Che nessun uomo all’assalto poté sperare d’infrangerla
Per anatemi, pugni o terrore
E nemmeno per amore.
(“Zitella”, di Sylvia Plath, in “Tutte le poesie’, Mondadori, 2019)
Non c’è quasi giorno che non ci sia un caso di femminicidio, senza distinzione di età, reddito,
istruzione, posizione sociale tra i maschi killer.
La poesia che vi propongo oggi è “Zitella” di Sylvia Plath, morta suicida a 31 anni, lasciando due figli piccoli, ed il marito Ted Hughes. Poetessa lei, poeta lui. Se prendo i commenti delle vecchie antologie di poesia americana, di Sylvia Plath si parla come di un depressa, di un carattere instabile, di disagio nell’essere mamma… Fu il marito, poi vedovo, Ted Hughes, a occuparsi anche della sua opera poetica, che venne premiata con il Pulitzer nel 1982 (ma lei si era tolta la vita quasi vent’anni prima). In compenso, Hughes distrusse il diario di Sylvia relativo alla loro relazione e dunque al periodo antecedente il suicidio.
Tutto cambiò nel 2013, a cinquant’anni dalla scomparsa di Plath, quando vennero pubblicate le lettere, fino ad allora inedite, tra la poetessa e la psicanalista che si prendeva cura di lei. Apriti cielo: esce fuori una sequenza di abusi, aggressioni e minacce di morte da parte di Hughes. Che la relazione fosse burrascosa, che nessuno dei due fosse santo e immacolato si sapeva, ma la stessa morte di Plathcambia aspetto, sotto questa nuova luce.
Parimenti, cambia la lettura della poesia “Zitella”: la durezza dei versi, soprattutto nella parte finale, è il muro dietro al quale la fragilità vorrebbe difendersi dall’aggressione, verbale e/o fisica dell’altro. Hoin mano una selezione di poesie di Sylvia Plath pubblicata dal Corriere della Sera nel 2004: nelle note biografiche lei e Hughes sembrano una coppia di poeti “maledetti”, un amore malato ma non violento.
Invece… Tutto da riscrivere.
Gianluigi Coltri
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