Non erano ancora seduti sul battello che la guida stava già parlando. Diceva che una visita a Venezia era una tappa obbligata nel Grand Tour che mille anni fa gli aristocratici e ricchi inglesi, tedeschi e nordici compivano come rito di passaggio al termine della pubertà, seguendo le orme di poeti in cerca di ispirazione, di antiquari a caccia di occasioni e di damigelle da maritare. La guida aveva poi aggiunto, con la solita sbavatura di prolissità, che a quei damerini e a quelle libere gentildonne in viaggio nel Sud dell’Europa era però mancato il brivido di vederla sommersa, Venezia.
Non con l’acqua granda, che prima o poi si ritira, proprio sommersa, e per sempre. Milordo, come tutti i turisti mitteleuropei di buona famiglia, era atterrato a Trieste, che con i suoi caffè e le librerie si era trasferita in altura, verso il confine con la Slovenia. Il ragazzo veniva da due settimane di vacanza nei fiordi dell’Istria, che non immaginava così calda, e poi in campeggio sopra le scogliere della bella insenatura di Muggia. Non ne poteva più di quella chiacchierona un po’ invadente che voleva farsi chiamare chaperon, ma l’idea di galleggiare sopra una Venezia subacquea lo interessava parecchio.
(Telmo Pievani e Mauro Varotto, “Viaggio nell’Italia dell’Antropocene”, Aboca, 2021)
Si potrebbe chiamarlo proprio così: saggio di geografia visionaria. É uno dei libri più inquietanti di questo 2021, deriva dall’unione delle forze (e delle conoscenze) del filosofo Telmo Pievani e del geografo Mauro Varotto, con la collaborazione di Francesco Ferrarese per le mappe. Tutto nasce all’Università di Padova, quando queste belle teste si mettono insieme e provano ad immaginare come sarà l’Italia nel 2768, andando avanti di questo passo.
Perchè proprio il 2768? Perchè esattamente mille anni prima, nel 1768, Goethe faceva il suo viaggio in Italia, poi divenuto libro. E Milordo, il giovane protagonista del libro, fa esattamente un tour in Italia, alla moda dei grandi viaggiatori tra Settecento ed Ottocento. Pievani e Varotto giocano con la fanta-scienza, ma molto seriamente: andando avanti di questo passo, con i cambiamenti climatici in corso, dovremo andremo a finire? Ecco allora che il libro, che alterna la parte narrativa a quella scientifica, non poteva aprirsi in altro modo che con un giro a Venezia, totalmente e inevitabilmente e irrimediabilmente sommersa.
Di sommerso, però, c’è tanto: l’Adriatico si mangia la Pianura Padana fino quasi a Milano e ad Alessandria, spuntano solo le cime dei Colli Euganei e dei Berici come isole nel mare, Bologna sta fuori delle acque solo per la parte collinare, Roma è un porto, Pisa sommersa, idem per Oristano e Cagliari… e avanti di questo passo.
C’è poco da scherzare, alla fine, soprattutto con la tragica evidenza che le nuove carte geografiche, realizzate da Francesco Ferrarese, ci schiaffano sul muso: è vero, tutto è proiettato al 2768, ma vista la velocità del cambiamento, qualche domanda seria su cosa vogliamo, possiamo e dobbiamo fare, oggi, subito, è inevitabile.
P.S.: i proventi del libro, è giusto ricordarlo, vanno al dipartimento di geografia dell’Università di Padova. Almeno lì, la si studia seriamente, la geografia, materia praticamente cassata dai programmi delle scuole superiori.
Gianluigi Coltri
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