Io mi ricordo.
Forse è tutta lì l’essenza del ritorno.
Nel sorprenderci un giorno a pronunciare quella frase.
E scoprire che non è come tutte le altre volte: un semplice esercizio di memoria.
Le stesse parole di sempre, ma con un suono e una pienezza diversa e nuova: io, mi… ricordo. Che, mentre le diciamo, sentiamo una certa tenerezza, o una commozione, o magari una malinconia che non riusciamo a nominare.
Sì, forse è tutta lì l’essenza del ritorno. Non quello abituale, di chi rincasa giornalmente dal lavoro o di chi rientra a fine estate dalle ferie. Ma quello che a un certo punto della vita ci obbliga a fare i conti con noi stessi, con ciò che si è fatto, con la nostra storia, con la strada ormai percorsa.
(Alessandro Vanoli, “I racconti del ritorno”, Feltrinelli, 2021)
Con un gioco di parole, definirei questo libro come “racconti di ricordi del ritorno”, perché Alessandro Vanoli non è solo uno storico ma anche un narratore. In più, molti dei ricordi, dei racconti e dei ritorni riportati in questo libro non sono geografici ma di matrice letteraria, direttamente o indirettamente. Direttamente letterario è Ulisse, con il lungo racconto dell’Odissea (ma l’eroe, dopo il ritorno a casa, riparte di nuovo…), indirettamente letterario è Dante, che viaggia ma non ritorna, però ne fa memoria, attesa, speranza, riflessione teologica, politica, esistenziale…
Se qualcuno ha avuto l’occasione di sentirlo, Vanoli è della bella razza degli affabulatori, anche la sua scrittura è spumeggiante, immaginifica, suggestiva. Certe scelte del libro sono un po’ sconcertati: che ci fa Evita Peron insieme con Napoleone Bonaparte? E Giacomo Casanova con Neil Armstrong? Il vero filo conduttore de “I racconti del ritorno” non è, forse, quel momento di bilancio sulla strada ormai percorsa, o le svolte della vita: è, invece, il viaggio in sè. Se non altro perchè è il viaggio che ci cambia, ciò che abbiamo visto, conosciuto, provato, superato va a costituire il bagaglio che riportiamo indietro, a casa. Dopo le ferie, per esempio, come scrive Vanoli.
Ma perchè non può essere così anche il viaggio quotidiano, il rincasare dopo la fatica ed il lavoro, perchè non può essere ricco o stimolante anche il rientro dalle ferie? E il viaggio immaginato o immaginario non ha forse tanto fascino e ricchezza quanto uno reale? Borges, molto citato da Vanoli, non aveva bisogno di spostarsi tanto, gli bastava il sottoscala della cantina della casa di Beatriz Azevedo, ne “L’Aleph”. A suo modo, come Dante, aveva visioni di viaggi, e ricordi immaginari, e tanto gli bastava.
Gianluigi Coltri
Play | Cover | Release Label |
Track Title Track Authors |
---|