Com’era bella un tempo quella cosa
nun me ricordo che, però era bella
me sforzo, ma rimane misteriosa
pure se penso solamente a quella.
E la domanda è sempre più angosciosa.
Che d’era? La famiglia, mi’ sorella?
Un poveraccio, un abito da sposa?
La gente, un fiore, che ne so, ’na stella?
La guera? No davero! ’Na canzone?
O forse ’na poesia? La primavera
quando c’erano ancora le staggione.
Ma non si tratterà di un’illusione?
Me venne da pensà proprio iersera
era bella, me sa, perchè non c’era.
(“Il sonetto delle cose perdute”, di Gigi Proietti, da “Ndo cojo cojo”, Rizzoli, 2021)
Come potremmo tradurre quel “Ndo cojo cojo”? Dove prendo, prendo – oppure in dialetto veneto “chi ciapo ciapo”. Proprio con il ricorso al dialetto, come affermava spesso Gigi Proietti, “si fa prima”, cioè ci si spiega meglio e in fretta. Quel “Ndo cojo cojo”, in realtà, è un raccontino, la fotografia di unmomento di noia, di tempo sospeso, tra la prima goccia di pioggia e la pioggia vera e propria, davanti al Bar Ciofeca, ribattezzato così dal proprietario (in precedenza era Bar Impero), a causa del soprannome affibbiatogli per la qualità scadente degli espressi (Er Ciofeca per tutti). Con il cambio di nome (a parità di qualità della bevanda), il titolare fece soldi a palate.
Questo e altro, molto altro, nel libro postumo di Gigi Proietti, che avrebbe voluto scrivere un romanzoe invece gliene mancò il tempo e forse anche la voglia. Ma, a prescindere dalla prosa, il libro, curato dalle figlie ed arricchito da molti disegni di mano dello stesso Proietti, è ricco di poesia, non solo in forma di sonetto. Bellissimo, per il tono malinconico e un po’ svagato, da amnesia da terza età, questo“sonetto delle cose perdute”, dove non si sa bene cosa si è smarrito, ma sicuramente era una cosa bella, e forse non era niente o è semplicemente la vita stessa, che va verso il suo crepuscolo.
Figura amatissima da tutti, grazie e nonostante la sua romanità, uomo di grandissima cultura, attore dai tempi comici perfetti, maschera e volto nello stesso tempo, Proietti torna in queste pagine con la stessa vitalità, arguzia e bonomia che mostrava in vita. Il che è tutto dire, per uno nato (e defunto) il 2novembre, giorno dei morti…
Gianluigi Coltri
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