Premessa doverosa alle mie parole: non sono uomo di cattedre universitarie, sono stato semplicemente un parroco, compagno di viaggio di uomini e donne della carovana. Per di più di uno che non procede per concatenazioni logiche, procedo in modo rapsodico, vado per trasalimenti .
Parlare di “Fede e poesia”. Strano, ma anche affascinante, congiungimento. Vorrei cominciare da qui: dal fatto che sia la fede sia la poesia ci raccontano la bellezza, cantano la bellezza. La bellezza è una parola molto celebrata fuori dalle chiese, se ne parla molto, a volte impoverendola. Ma, dobbiamo confessarlo, è una moneta che purtroppo ha poco corso all’interno della chiesa,quasi fosse una povera figlia, tenuta in disparte, cenerentola nei discorsi. Tant’è che suscitò non poco stupore anni fa il cardinale Carlo Maria Martini, intitolando una sua lettera pastorale: “Quale bellezza salverà il mondo?”. Nei discorsi ecclesiastici si parla prevalentemente della verità, della bontà. Poco della bellezza come spinta a mettersi in cammino, come meta del nostro cammino.
La fede racconta di Dio roccia, ed è vero che Dio lo è. Ma se fosse roccia dura, immobile, gelida che Dio sarebbe? Sarebbe il Dio delle Scritture ebraiche e cristiane? Ed ecco che la poesia scopre la bellezza in Dio. Ancora oggi mi rivedo nel deserto di Giuda, ci accompagnava un grande gesuita docente di Bibbia all’Istituto biblico di Gerusalemme, padre Francesco Rossi de Gasperis. Ci mostrò le rocce del deserto, ce ne faceva osservare le sorprendenti striature, la bellezza della roccia, ci diceva che Dio è roccia nel senso della bellezza. E per raccontare la bellezza, anche quella di Dio, occorre la poesia. Come possiamo parlare della bellezza? Forse con la prosa delle nostre definizioni gelide? Quando un uomo o una donna si innamorano, scrivono dei trattati o usano parole che si avvicinano alla poesia? Puoi stringere Dio nella prosa?
(Angelo Casati , “Sconfinamenti ”, Qiqajon, 2024)
Un prete, parroco prima a Lecco, poi a Milano (chiamato dal cardinale Martini…), don Angelo ha superato i 93 anni di età ma le sue riflessioni e le sue poesie sono solo migliorate con l’età. In “Sconfinamenti ” si occupa del rapporto tra fede e poesia, tra fede e bellezza (come qui sopra riportato), di poesia e città, di poesia e incontro, di poesia e soffio.
È stato anche docente di seminario, don Angelo, ma non ha mai il tono del cattedratico, pur muovendosi agevolmente tra Bobin e Turoldo, Martini e Bergoglio (ma anche Carrere e Calvino – Italo, per la precisione). E aggiungendo alle sue riflessioni preghiere in forma di poesia (o poesie in forma di preghiera?).
Si può allora parlare di fede all’uomo d’oggi? Casati ne è ultra convinto, ma bisogna usare le parole d’oggi, non le forme sclerotizzate da addetti ai lavori, gli unici lavori che contempla sono le preghiere per gli addetti alle sartorie di Armani (si trovano in appendice al libro). Potenza dello Spirito.
Don Angelo fa suonare pre-potente il monito del metropolita Ignazio IV di Laodicea, al Consiglio Ecumenico delle Chiese, a Uppsala (nel lontano 1968): “Senza lo Spirito Dio è lontano, Cristo resta nel passato, il vangelo è lettera morta, la chiesa una semplice organizzazione, l’autorità dominio, la missione propaganda, il culto arcaismo e l’agire cristi ano una morale da schiavi”.
Leggere Casati è come spalancare porte e finestre, lasciar entrare luce e aria. E Spirito.
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