Per cominciare a raccontarvi questa storia devo parlare dei miei genitori. A quel tempo erano i custodi della mia serenità, e questo significa che erano dei bravi genitori. Avevo dodici anni e non c’era niente nella mia vita che arrivasse anche solo a sfiorare l’importanza che avevano loro. Se si può dire che la mia infanzia è stata uno spazio sicuro e che io sono stato un bambino felice, è per merito loro. Per questo i fatti che racconterò mi hanno così sconvolto: perché per la prima volta loro non hanno saputo proteggermi, anzi sono stati una delle cause degli sconvolgimenti che mi hanno investito. Per la prima volta il mondo è arrivato a toccarmi direttamente, senza filtri – e il mondo brucia, è fuoco vivo, e questo io non lo sapevo perché fino ad allora proprio i miei genitori si erano sempre messi nel mezzo: quella volta invece sono stati loro stessi il mondo che si accaniva, perciò se si può dire che da un certo giorno in avanti non sono stato più felice – perlomeno non in quel modo –, è stato per colpa loro.
(Sandro Veronesi, “Settembre nero”, La nave di Teseo, 2024)
Che bel romanzo ha scritto l’autore de “Il colibrì”. Se devo dire la verità mi è anche piaciuto di più del titolo che gli ha regalato soddisfazioni, premi ed una versione cinematografica (purtroppo non all’altezza del romanzo, nonostante Pierfrancesco Favino e pure Nanni Moretti nel cast).
Protagonista è Gigio Bellandi, che racconta l’estate del 1972, in Versilia, in vacanza con i suoi genitori e con la sorella Gilda, che ha sette anni. Il padre è un avvocato penalista, la mamma è casalinga, ed è irlandese. Grazie a questo connubio, Gigio se la cava bene con l’inglese, così si troverà a dare ripetizioni (si fa per dire) ad una sua coetanea, Astel Raimondi, il padre è un costruttore, la madre, casalinga, è di origine etiope. Gigio, che sta crescendo, è innamorato perso della ragazzina, delle sue treccine, che vorrebbe accarezzare, ma è timido (imbranato, dai, inutile girarci attorno).
Veronesi è bravissimo a ricostruire tutto di quel 1972: le musiche (da ascoltare con i mangiadischi), i prodotti (incluse le reclames), lo sport (ci sono le Olimpiadi, a Monaco, ma ci sono anche altri sport), il “come eravamo” (anch’io per età sono come Gigio), infila persino lo scandalo del “caso Lavorini” (altro mio coetaneo, rapito ed ucciso a Viareggio l’anno prima – fu scandalo per come la stampa gestì l’informazione, creando mostri che in realtà non c’entravano niente).
Ma così sarebbe troppo poco: la magia di “Settembre nero” è nell’analisi dei sentimenti, dei pensieri, delle psicologie, di quelle dei piccoli e di quelle dei grandi, dei protagonisti e dei comprimari. Tra i quali spicca la sorellina Gilda, a cui sono affidati alcuni momenti topici, ma soprattutto il finale, in agrodolce.
Tanto di cappello a Veronesi, forse il miglior romanziere italiano in attività.
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