Sento una vibrazione, allora sparo.
Che ne so, come una vibrazione.
Estraggo e sparo.
Un minuscolo fremito del mondo, ecco. Dura meno di un istante.
Ho imparato a percepirlo da molto piccolo, nelle grandi solitudini dove sono stato prima bambino, poi uomo a undici anni, infine vecchio a diciannove quando mio padre John John tolse il disturbo – lo scannarono direi con noia, andò così – lasciandomi, primo di sei figli, a finire il lavoro.
Il lavoro era sopravvivere.
Lo svolgevano in molti, all’epoca, ma non tutti con la tecnica che ci eravamo scelti noi – noi lavoravamo come animali. Lo facevamo in silenzio nelle grandi solitudini che dicevo, ai bordi del mondo conosciuto: così lontani da tutto che noi eravamo tutto, e il nostro nulla l’unica notizia. Intorno, il creato – lo ricordo infinito. Ne facevano parte anche i rari umani che si profilavano all’orizzonte, in giorni mai annunciati, avvicinandosi come miraggi al passo. Mettere le mani alle armi era un riflesso naturale, allora, immediato, come grattarsi una piaga. Spesso sparavamo prima di interrogare. Ma anche, ogni tanto, mio padre li accoglieva al tavolo, dove si aspettava che raccontassero, svuotando e riempiendo il cucchiaio.
(Alessandro Baricco, “Abel”, Feltrinelli, 2023)
Il nuovo romanzo di Alessandro Baricco è d’impronta western, ma metafisico. Quello dello scrittore torinese infatti è un Far West molto immaginario, disegnato sull’epopea cinematografica e non su quella storica, e incentrato su un pistolero che risponde al nome di Abel Crow e conduce tutta la narrazione.
Contornano il protagonista altri personaggi, tutti più o meno caratterizzati dall’epopea: dalla madre del protagonista che sparisce di colpo un giorno, ai fratelli di Abel, tra i quali vi è un improbabile predicatore oltre che un affarista, ad Halleluja, l’unico amore tra il geloso e il boccaccesco, a cui Abel riesce ad aspirare.
Si intrecciano nel romanzo i grandi temi, com’è giusto in un western, dove la legge è anche rappresentata da Abel, nel periodo in cui fa lo sceriffo, ma dove comanda la pistola (e Abel è un abile pistolero, vd. Il capitolo dove racconta come sfrutta il cosiddetto “terzo occhio” in mezzo alla fronte per sparare a due mani a bersagli differenti). Ma il tema principale è quello della vita e della morte, e la parabola umana di Abel è tutta lì. Epicamente, e con il destino segnato dal nome.
“Abel” arriva otto anni dopo il romanzo precedente e diversi mesi dopo che Baricco ha dichiarato di essere malato di leucemia. Forse il tema della vita e della morte l’ha anche troppo ben presente, ma lo tratta, appunto, metafisicamente. Sempre molto bravo nella scrittura, e apprezzato dai lettori.
Gianluigi Coltri
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