Fu proprio uno scherzo del destino. Se quel giorno al reparto n. 15 dei grandi magazzini Ebisuya fosse stato presente l’ex responsabile del terzo piano Miyatake Kinji, quel fatto non sarebbe mai accaduto. Era stato licenziato giusto una settimana prima e lo avevano sostituito con Sawai Keikichi, un collega appena giunto dal punto vendita di Osaka e poco avvezzo alla sede centrale di Tokyo.
Quella mattina, però, il fato gli fu davvero avverso.
Isono Aki – responsabile del reparto gioielleria – si era appena allontanata per una commissione. Poco prima del fatto – verso le 16:30 – Aki si era girata verso Fushimi Junko, nuova commessa da poco assegnata a quel reparto.
«Junko, avrei un piccolo favore da chiederti… Mi allontano un secondo. Tu rimani qui, ok? Io nel frattempo…», le disse arrossendo con una certa esitazione.
«Ma che succede? No! Non mi dire che…», reagì con innocenza la giovane.
«Sì…», le rispose timida Aki. Era così bella che al lavoro l’avevano soprannominata Cosmea. «È davvero fastidioso. Avrei potuto chiedere qualche giorno di riposo… Credevo mi venissero tra due o tre giorni… Questo mese sono un po’ in anticipo», sussurrò sbattendo le sue lunghe ciglia.
Era una veterana del reparto e aveva sette anni in più della sua collega.
Il fatto che non si desse delle arie e non la facesse sentire inferiore, metteva Junko particolarmente a suo agio.
(Yokomizo Seishi, “Fragranze di morte”, Sellerio, 2022, trad. Francesco Vitucci)
In questo libro, per la verità, non c’è solo “Fragranze di morte” ma anche “Orchidea nera”: si tratta di due racconti gialli in cui più che ai profumi (che sono comunque presenti in entrambi) il detective Kindaichi e l’ispettore Todoroki dovranno invece badare ai cadaveri. Sarà il primo, Kindaichi, a capire come risolvere i due enigmi. Yokomizo (in giapponese, si pone sempre per primo il cognome, un po’ come nelle vecchie formulazioni burocratiche italiane) nato agli inizi del Novecento e morto nel 1981, è stato considerato l’omologo di John Dickson Carr: nei suoi libri ci sono sempre delitti e misteri (come l’omicidio in una camera chiusa) e solo la sagacia dello strano, impertinente, irriverente e molto trasandato Kindaichi riesce a riportare l’ordine e la giustizia nel caos e nella frattura che il delitto provoca.
“Orchidea nera” che apre il volume è ambientato in un grande magazzino di Tokyo che ricalca ormai le formule occidentali: sono passati pochi anni dalla fine della seconda guerra mondiale e il paese del Sol Levante sta riprendendosi velocemente, anzi impetuosamente. In “Fragranze di morte” l’ambientazione è più agreste, ma anche qui siamo in presenza di una forte impronta capitalistica (il personaggio dominante è una donna diventata imprenditrice suo malgrado, anche a causa della guerra).
È sempre straordinario rilevare, anche solo da un libro di letteratura d’evasione, e per di più poliziesca, il fenomeno tutto giapponese di riuscire ad includere gli opposti: la modernità e la tradizione, le regole antiche e le nuove esigenze. Colpisce anche che, a pochissimi anni da tragedie come Hiroshima e Nagasaki (che di sfuggita compaiono anche nel testo) si colga una trasformazione sociale, culturale ed economica che non va in contrapposizione con l’Occidente, ma lo assorbe, lo include. Senza rancori ed odii, almeno in apparenza.
Coltri Gianluigi (alla giapponese…)
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