Nella nostra prima settimana da proprietari di galline, quattro anni fa, Helen venne a trovarci per constatare con i propri occhi la bizzarria dell’impresa. In genere faccio vedere il pollaio a chiunque si dichiari interessato alle galline. Helen rappresenta un’eccezione. È mia amica, e in quanto tale si dichiara interessata alla mia vita. In altre circostanze se ne sarebbe infischiata delle galline.
Venne a trovarci nella breve parentesi in cui il pollaio non era ancora stato insozzato dalle galline oltre il punto di non ritorno.Le pareti erano fresche di pittura, i topi non si erano ancora insediati tra i sacchi di sementi assorti te, e in giardino cominciavano a spuntare ti midi germogli e i delicati steli violacei di una pianta che non sono mai riuscita a identificare con certezza.
Le domande di Helen erano scontate, eppure di galline ne sapevo cosí poco da ignorare perfino le risposte alle domande scontate.
– Le galline sanno i loro nomi? – mi chiese.
Io so solo che non hanno mai risposto a un nome specifico: reagiscono indifferentemente a qualsiasi parola pronunciata in tono ascendente, nella speranza che alla voce segua una profferta di cibo.
– Gli piace essere trattate come cagnolini? – Detto ciò, Helen fece un passo indietro affinché non scambiassi la domanda peruna richiesta. – S’incazzano quando gli prendi le uova?
Non sapevo rispondere a nessuna di quelle domande.
– Ti hanno mai fatto l’uovo in mano? – insisté lei.
(Jackie Polzin, “Quatt ro galline”, Einaudi, 2022)
Durante la lettura di questo romanzo, ad un certo punto, mi sono bloccato: e se fosse tutta una montatura? Il cognome dell’autrice (“Polzin”) ha una certa assonanza con il termine pulcino in dialetto veneto (“pulzin”). Trattandosi di un romanzo sulle galline, il sospetto nasceva spontaneo. Invece Jackie Polzin esiste, è americana, questo è il suo romanzo d’esordio e pure l’inserto culturale del Corriere le ha dedicato un lungo articolo.
Del resto, partendo dall’acquisto e dalla manutenzione di un piccolo pollaio e di quattro galline, il romanzo acquisisce con l’andare delle pagine prospettive sempre più interessanti e importanti . Passa da una scatologia (le galline sporcano, la loro cacca è onnipresente nel libro) ad un’escatologia (che va ben oltre l’amletico dubbio se sia nato prima l’uovo o la gallina), ponendosi in prospettiva ultraterrena, e via discorrendo.
Senza darlo molto a vedere, Jackie Polzin, raccontandoci vita morte e miracoli (si fa per dire) delle quattro pennute, nel frattempo parla di rapporti sociali (un pollaio non solo sporca: puzza), di amicizie (la famosa Helen con cui si apre il libro), di rapporti di coppia, di mercato immobiliare, di carriere universitarie, di paleontologia (cosa collega le galline ai dinosauri?) e altroancora.
“La gallina non è un animale intelligente” cantavano Cochi e Renato, e Jackie Polzin non prova a convincerci del contrario. Semmai, è la parte umana del libro che sembra adeguarsi a livello delle abitanti del pollaio, che talora sembrano capire meglio o di più la vita.
Notevole.
Gianluigi Coltri
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