Questo libro racconta come un libro possa diventare un vero e proprio incontro, come l’esperienza della lettura possa contribuire in modo decisivo nel dare forma singolare a una vita. Si può leggere
come una sorta di autobiografia costruita attraverso la lettura di alcuni dei libri che sono risultati determinanti per la mia formazione di psicoanalista, di intellettuale e di uomo. Non siamo forse noi tutti fatti anche dai libri che abbiamo letto? I libri non sono forse delle esperienze che ci hanno segnato?
Questo libro non dà per scontato cosa sia un libro. Anzi, si interroga innanzitutto su cosa davvero sia un libro per poter esercitare tutto questo potere sui suoi lettori. È un libro interamente dedicato al mistero del libro. Ma è anche il tentativo di rispondere a domande solo apparentemente semplici: cosa significa leggere? In che cosa consiste l’esperienza della lettura quando accade – e accade di rado – di incontrare un libro degno di questo nome?
Perché vi sono libri che, a differenza di altri, non abbiamo dimenticato ma si sono inscritti indelebilmente nella nostra memoria?
In questo testo, propongo tre semplici ma, spero, non scolastiche definizioni del libro: il libro è un coltello, è un corpo, è un mare.
(Massimo Recalcati, “A libro aperto”, Feltrinelli, 2018)
Recentemente ho commentato “Libri che mi hanno rovinato la vita”, di Daria Bignardi. Anche Massimo Recalcati, qualche anno fa, aveva fatto la stessa operazione, con altri toni (conosciamo la scrittura appassionata di Recalcati) e altri tomi (nel senso letterale del termine). Già dalla prefazione, il nostro psicoterapeuta diventa avvincente, con le tre immagini del libro come coltello, corpo e mare.
Il libro come coltello perchè taglia la vita: c’è un prima di averlo letto ed un dopo averlo letto. Ossia, la lettura di quel particolare libro ci cambia la vita, incide letteralmente sul nostro vissuto, sulle nostre scelte. Per il giovanissimo Recalcati, “Il sergente nella neve” di Rigoni Stern ha avuto questo potere. Ma un libro è anche un corpo: abbiamo un rapporto fisico con lui, lo tocchiamo, lo maneggiamo (io ci faccio le orecchie…), sottolineiamo, lo teniamo con maggiore o minore cura, lo annusiamo (conosco diverse persone che non resistono ad infilare il naso nella carta stampata per gustarne l’odore). Infine, c’è il libro come mare, cioè orizzonte, possibilità, esplorazione: a volte è lo stesso libro, ripreso a distanza di tempo, a fornirci nuovi spunti, nuovi temi, nuovi orizzonti. Qui, Recalcati pone “La strada”, di Cormac McCarthy, e l’impatto avuto su di lui, appena diventato padre, della storia del Padre e del Figlio sulla strada desolata e apocalittica del romanzo.
Nel mezzo, Recalcati dà spazio ai libri della sua formazione filosofica e professionale: da Sartre a Lacan, passando per Heidegger. Quasi quasi, è la parte meno interessante, rispetto a Rigoni Stern e a McCarthy, dove parla l’uomo, non lo psicoterapeuta. E poi, un po’ qua e un po’ là, compare il libro per eccellenza, la Bibbia, il deposito della Parola, con cui non può non confrontarsi. Del resto, non avrebbe scritto “A libro aperto”, metafora dell’”a cuore aperto”.
Gianluigi Coltri
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