Joyce:
Bene, cominciamo da Elizabeth, vi va? E vediamo dove andiamo a finire, ok?
Tutti qui la conoscono. Anch’io, ovviamente. Ha un grande appartamento a Larkin Court. È quello all’angolo, con i rivestimenti in legno. Inoltre, una volta ho partecipato a un quiz in squadra con Stephen che, per una serie di motivi, è il terzo marito di Elizabeth.
Due o tre mesi fa, mentre ero a pranzo, doveva essere un lunedì perché c’erano tortino di manzo e patate in crosta, Elizabeth mi è venuta incontro e mi ha detto che si scusava visto che stavo mangiando, ma che aveva una domanda su una ferita da taglio, se non era troppo disturbo per me.
Io ho risposto a bocca piena «Nient’affatto, chiedi pure», o qualcosa del genere. E così lei apre una cartellina portadocumenti, con dei fogli dattiloscritti e i bordi di quelle che somigliano a vecchie fotografie, ed entra subito nel vivo della questione. Mi chiede di immaginare che una ragazza sia stata pugnalata con un coltello. Io le domando che tipo di coltello, e lei risponde che probabilmente era solo un normale coltello da cucina. Già che c’ero, allora, mi sono immaginata anche la marca. Dopo di che mi chiede di figurarmi la ragazza che viene colpita, la lama che affonda tre o quattro volte appena sotto lo sterno. Affonda e riemerge, dentro e fuori, una scena da film horror, ma senza recidere nessuna arteria. A difesa di Elizabeth, va detto che si è trattenuta nella descrizione, perché c’era gente che stava mangiando e lei sa che a tutto ci sono dei limiti.
(Richard Osman, “Il club dei delitti del giovedì”, Società Editrice Milanese, 2020)
Lo confesso: ad un certo punto mi sono perso, insieme con i vecchietti protagonisti del romanzo, ma potrebbe essere solo un effetto dell’età che avanza, non della trama intricata del libro. O forse è il combinato disposto di entrambi i fattori. In verità, tutto funziona benissimo, nel senso che siamo in presenza di un poliziesco in perfetto british style (ricorda un po’ certi serial televisivi, dai toni educati e dal sottile umorismo, anche quando c’è il cadavere di mezzo).
Non è neanche una novità che il club degli investigatori dilettanti sia formato da gente più o meno sull’ottantina: lo fa anche Malvaldi con la congrega che si ritrova al Bar Lume. Qui, nel romanzo di Osman, c’è però anche la vedovanza, vissuta non da tutti allo stesso modo, e c’è la malattia che rende non autosufficienti, lo sgretolamento delle vite. C’è la comunità del residence e della casa di riposo, mentre in Malvaldi c’è la comunità locale, di paese. Ma i misteri da risolvere ci sono per tutti, cadaveri compresi e più di uno (un ambiguo affarista, un imprenditore immobiliare…), nonchè preti veri e falsi e perfino suore e cimiteri.
Ulteriore tocco gradevole di un romanzo che scorre già piacevolmente di suo, il fatto che a parlare, a turno, ci siano alcuni ospiti della residenza per anziani, e che alcuni di loro abbiano un passato importante, che la fase crepuscolare della loro esistenza non lascia neppure intuire. E la polizia? C’è, non può mancare, ha pure i suoi problemi, anche a gestire la combriccola. Come in Malvaldi.
Gianluigi Coltri
Play | Cover | Release Label |
Track Title Track Authors |
---|